Il termine Samurai viene solitamente affiancato alla figura maschile, ma tuttavia pochi sanno che le donne nate nelle famiglie di casta samurai, presero parte a numerose battaglie di cruciale importanza per la storia del Giappone, seguendo i mariti sui campi di battaglia per dimostrare la loro devozione. Esse venivano chiamate “onna bugeisha” o “donne samurai”.
Da dove nasce lo spirito combattivo di queste donne guerriere?
A causa delle lunghe guerre gli uomini rimanevano per prolungati periodi lontano da casa, lasciando senza protezione la propria famiglia; spettava quindi alle mogli difendersi dagli attacchi dei possibili aggressori.
Esse, infatti, fin da bambine venivano educate ad un costante e rigoroso allenamento marziale e all’uso delle armi, in particolare la “naginata”, un lungo bastone alla cui estremità era posta un’affilata lama.
Quest’arma molto versatile, portata anche in dote al matrimonio, permetteva alle donne coinvolte nei combattimenti, di compensare il contrasto fisico tra loro e l’avversario. Le tecniche marziali da loro adottate prevedevano anche di nascondere pugnali tra la capigliatura come fossero fermagli oppure celati nelle ampie maniche di un kimono; inoltre erano addestrate all’uso dell’arco, che veniva utilizzato in battaglia, anche in sella ad un cavallo.
La più famosa “onna bugeisha” citata in leggende e poemi nipponici di sempre è Tomoe Gozen (1161-1184), sposa del generale Minamoto Yoshinaka; considerata suo primo capitano, di conseguenza nelle battaglie veniva mandata in avanscoperta, equipaggiata di armatura, spada ed arco.
Ritenuta da tutti la più valorosa tra i guerrieri, era amata, temuta e rispettata.
Veniva inoltre descritta come una donna particolarmente bella, pelle bianca e lunghi capelli neri, e anche se ciò rimane un fatto soggettivo, ebbe senza dubbio indiscutibili doti marziali che la distinsero da ogni altro Samurai, oltre che essere un’ottima cavallerizza, formidabile arciere ed abile spadaccina.
Purtroppo non se ne conoscono le sorti, in quanto le svariate leggende, in discordanza tra loro, narrano della sua fine in battaglia o di un meno accreditato ritiro per divenire monaca buddista.
Un’altra donna guerriero, anch’essa molto famosa e vividamente ricordata dalla popolazione giapponese ancora oggi, è Nakano Takeko (Aizu 1847-1868) al cui onore fu eretto un monumento.
Nakano fu praticante di arti marziali, come la sorella Yuko e la madre Kouko, e tutte del resto, specializzate nell’uso della naginata.
Questa donna guerriero viene ricordata per la battaglia in difesa del castello di Wakamatsu, dove 3.000 Samurai combatterono contro 20.000 guerrieri muniti di armi da fuoco.
Nakano fu a capo dello “ Joushitai”, una truppa di 20 donne guerriere Aizu.
Perì fatalmente a causa di un colpo di fucile al torace, ma non prima di aver chiesto alla sorella di tagliarle la testa, gesto di temeraria fierezza, voluto per evitare di finire nelle mani del nemico.
Ogni anno, nella città natale di Nakano, durante il Festival d’Autunno, un gruppo di donne segue un corteo in ricordo di tutte le guerriere joushitai.
Nonostante l’evidente divario sociale, politico, religioso, tra uomo e donna nelle varie epoche, si nota come quest’ultime abbiano avuto la capacità di ritagliarsi dei ruoli importanti e di spicco; infatti in Giappone le donne samurai erano invece colte, forti, abili ed intelligenti.
Guardare al passato, traendo insegnamento per il futuro.
Oggi per le donne che si affacciano nel mondo delle arti marziali, praticare è divenuto troppo spesso un hobby o un passatempo, con l’obiettivo di imparare a difendersi da possibili aggressori in una tempistica limitante la vera acquisizione della tecnica. Solo con un costante allenamento e una seria disciplina si potrà raggiungere una vera e solida esperienza ed affrontare veramente non solo gli attacchi fisici ma anche le difficoltà di ogni giorno.
L’Aikido insegna a comprendere quanta ricerca profonda va fatta, innanzitutto su se stessi, affinchè il rapporto con “l’avversario” sia un continuo scambio di energia, che permetterà di migliorare sia il rapporto con noi stessi che verso gli altri.
Meditazione, allenamento marziale e spirituale, concentrazione e liberazione da tutto ciò che è negativo per il nostro Sè, ci rendono persone pronte a combattere, ogni giorno, per le cose in cui crediamo e che vogliamo difendere.