Intervista a Pascal Guillemin 5° dan Aikikai – parte seconda

I – Come definiresti l’Uke ideale, cosa gli chiedi?

P – Innanzitutto di avere una buona relazione con Tori. Il tipo di contatto è essenziale per me. Ripenso a ciò che proponeva Endo sensei nei suoi stage. Faceva in modo che la tecnica non fosse solamente coreografica, non biognava perdere il collegamento, l’intenzione tra tori e uke. Mi piace la concezione di uke come quella che aveva  Endo sensei. È importante conservare l’aspetto marziale di fondo nell’Aikido. Quando si tratta di attaccare, anche se il risultato non è come quello delle altre arti marziali, sia uke che tori non possono trascurare questo aspetto della nostra pratica. È un elemento della ricchezza  dell’Aikido.

I – Quali sono stati i tuoi incontri fondamentali?

P – Direi che un incontro essenziale è stato con Christian Tissier. Con lui ho veramente appreso il rigore, i suoi requisiti di perfezione mi hanno fatto molto bene. La sua presenza è tutt’oggi un arricchimento per me, le sue qualità umane, sul tatami come nella vita di tutti i giorni, donano maggior facilità a cancellare problemi e difficoltà. Ricordo che una volta, quando ero agli inizi, mentre aspettavo in seiza durante un lavoro a tre mi disse :<<Ciò che stai imparando, ti servirà per la vita di tutti i giorni>>, e me l’ha detto così su due piedi, mentre passava. Avevo 16 anni, e solo successivamente ho capito che non si riferiva alla soluzione di uno scontro, ma parlava di reciproco rispetto, riconoscenza e condivisione. Christian Tissier mi ha trasmesso i principi che devo applicare nella vita, nel dojo come all’interno di un penitenziario.  Non bisogna restare fermi, se non puoi passare in omote, passa in ura.

I – Cosa hai appreso da sensei come Endo o Yasuno?

P – Dalla dinamicità di Yasuno sensei al relazionarsi di Endo sensei, c’è tutta la gamma dell’Aikido. Direi che le relazioni fisiche e mentali di Endo sensei, oltre alla sua tecnica, ci mostrano il lavoro da fare per raggiungere un nuovo livello di esperienza. Con Endo ci si rende conto che la tecnica è un alibi, uno strumento per andare in territori meno evidenti, soprattutto per chi pensa che l’Aikido si possa riassumere solo come tecniche per rompere braccia o immobilizzare un aggressore. Endo ci ha mostrato come il rilassamento nell’Aikido possa essere un ottimo momento per la gestione mentale dello stress. Questo è uno dei vantaggi di cui dovremmo, secondo me, parlare di più.

I – A che età la tua pratica si è evoluta verso il ken?

P – Molto presto, infatti nel mio primo anno di pratica andavo al corso mattutino che Christian Tissier faceva dalle 7 alle 8, prima di andare a scuola. L’aspetto del samurai con la spada era molto affascinante per i giovani praticanti come me. Il ken è una disciplina a parte, molto simile alla pratica a mani nude, ma che apporta delle scariche di adrenalina che non sono presenti nell’Aikido. La potenza di fare un taglio al massimo della velocità e fermarsi a qualche millimetro dal partner, l’alto livello di controllo e la bellezza del gesto lo rendono molto esigente e molto completo. Sono delle sensazioni molto particolari. Con Christian Tissier ho provato il ken-jutsu e l’Aiki-ken. L’Aiki-ken sviluppa delle qualità specifiche unendo le distanze della pratica a dei tempi di reazione più brevi. Il lavoro sulle posizioni del ken-jutsu è senza dubbio più vincolante, ma le posizioni dei piedi, le attitudini e i movimenti del ken sono così simili a quelli dell’Aikido che ovviamente ti permettono di migliorare come aikidoka. Pratico indifferentemente tutte e due, per la loro complementarietà. Non posso nemmeno più dissociarle. La pratica del ken mi ha portato ad un’altra comprensione dell’Aikido. Fare uno shomen a mani nude può presentare qualche problema, farlo con un ken nelle mani è un’altra cosa, si è in un’altra dimensione che ti porta ad aumentare la concentrazione. Con un ken , per esempio, non puoi mettere in mezzo il braccio per bloccare l’attacco, ti porta a cercare altre soluzioni e ad usare altre qualità fisiche e mentali. Attualmente cerco d’insegnare maggiormente il ken, della scuola Kashima, d’Inaba sensei, trasmessomi da Christian Tissier. Lo studio approfondito dei kata apre prospettive infinite.

I – Aikido, arte marziale, arte di combattimento o altro?

P – C’è bisogno di tutti questi aspetti nella disciplina. Se fosse solo coreografia farei danza. I contenuti marziali dell’Aikido permettono di sviluppare le sue qualità intrinseche. L’Aikido è innanzitutto un’arte marziale, altrimenti perderebbe senso, coerenza, l’efficacia che offre nella gestione dello stress. Svuotata dalla sua essenza marziale sarebbe un’altra attività con un altro nome. Ma la cosa più importante è il sistema educativo che offre.

continua…

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