Per approfondire la conoscenza di Pascal, riporteremo delle parti di un’ intervista rilasciata alla rivista Aikido Magazine nel 2006, in cui racconta dei suoi inizi, riferimenti e progetti…
INTERVISTA A PASCAL GUILLEMIN
Per Pascal Guillemin, 5° dan, la pratica dell’Aikido dev’essere un’avventura umana incentrata su una compartecipazione senza trattenimenti. Il suo ideale è la trasformazione dell’attacco in uno scambio, mettere fluidità dentro la tecnica, nel dojo come nella vita.
I – Quando ti dicono la parola Aikido, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
P – Libertà, libertà d’azione, non opporsi, scambio, fluidità. Un sistema educativo notevole.
I – E quando pensi al tuo primo contato con l’Aikido ….
P – Avevo 15 anni e, come per la maggior parte dei giovani che iniziano al Circolo Tissier a Vincennes, rimasi impressionato dal clima, la calma, la serenità. Dato che venivo da un ambiente un po’ più turbolento, ciò mi ha sorpreso e mi ha subito interessato. Fin dai primi corsi sono stato sedotto dalla finezza della disciplina, sapere di poter immobilizzare o far cadere qualcuno semplicemente controllandone la meccanica del corpo, il che non è una cosa del tutto immediata. Ma soprattutto, fin dai primi allenamenti, l’ho trovato così divertente che già qualche mese più tardi ho deciso che sarei diventato professionista, senza nemmeno sapere se ciò fosse fattibile. Sono arrivato all’Aikido per caso, ero più che altro uno sportivo, giocavo a tennis , a calcio e avevo anche partecipato ad una selezione del PSG (Paris Saint-Germain). Ero stato preso e rimandato via nello stesso giorno, per un’incompatibilità caratteriale. Oggi, facendo Aikido vedo la situazione diversamente, infatti non mi ritrovo più negli sport di squadra. Un amico che faceva Karate, mi portò una rivista specializzata in cui era presente un’intervista a Christian Tissier, affrontava numerosi argomenti e parlava anche del Maestro Yamaguchi. Non son sicuro che all’epoca avessi capito tutto correttamente, ma mi è sembrato che finalmente fosse apparso qualcosa di particolare, di nuovo e di molto interessante per me. Il Circolo Tissier era a meno di 15 minuti da casa mia, così sono andato là a vedere e mi ha colpito subito. Un vero e proprio concorso di circostanze insomma, una pura fatalità se esiste veramente, ma in quel particolare momento avevo proprio bisogno d’andare verso qualcosa che fosse utile per un adolescente come me. Nel calcio o nel tennis si tratta di fare competizioni, di vittorie o sconfitte, mentre qui mi trovavo in un universo senza aggressività, dove il principale valore di riferimento era l’armonia.
I – Dove puoi trovare la vittoria nell’Aikido?
P – Se c’è una vittoria, l’avverto come qualcosa di veramente personale, sul rapporto con se stessi. Ad un certo momento non cerchi di essere in competizione per diventare migliore di tutti gli altri. Per me la sfida di ogni istante è cercare il mio beneficio, di migliorarmi col tempo, di cancellare tutte le tensioni fisiche e le ambizioni. L’Aikido mi permette di non avere dolori e inserire fluidità nella vita di tutti i giorni.
I – L’Aikido che hai visto a Vincennes corrisponde a quello che immaginavi?
P – Se fosse stato diverso, non son sicuro che avrei continuato a farlo. Non immaginavo qualcosa di particolare quando sono andato a vedere l’Aikido, non immaginavo nemmeno l’esistenza di ciò che vidi. Direi che tutto quel che vidi ha inciso molto sulla fluidità della mia pratica. Certe forme di Aikido, certi insegnamenti, non mi convengono affatto, anche se è positivo che ci siano, per tutti coloro che ne sono interessati.
I – Tu pratichi molto. È molto importante l’allenamento?
P – Fin dall’inizio mi son messo ad allenarmi dalle 3 alle 6 ore al giorno, per diversi anni, seguendo Christian Tissier in Francia come all’estero, con l’intenzione di non lasciarlo mai. Ho capito in fretta che nemmeno nei momenti più duri dovevo mollare, non tanto nei confronti degli altri membri del gruppo, ma per me stesso. Volevo mettermi alla prova sia fisicamente che mentalmente. Mente e corpo sono inseparabili nell’Aikido. Sviluppare le qualità mentali è essenziale per progredire. In più, per diventare un professionista non potevo permettermi di fermarmi al primo ostacolo, alla prima difficoltà o fatica. Non ho mai mollato sul tatami, malgrado qualche problemino dovuto alla pratica molto intensa. È vero che al giorno d’oggi abbiamo una formazione sportiva di alto livello, con monitoraggi medici ed un’adeguata alimentazione, ma comunque, non è ciò che suggerisco ai miei allievi. Io ho seguito questo tipo di formazione, corsi e dimostrazioni, senza problemi, fa parte del mio carattere, era ciò di cui avevo bisogno per essere in armonia con me stesso.
I – L’Aiki può esser considerato una forma di doping?
P – Ho capito bene cosa vuoi dire. Si, è un doping, è un ottimo doping nel modo in cui vi fa crescere, progredire e risanare. La disciplina è sana, il messaggio è sano ed anche il lavoro di gruppo ha la sua importanza nelle relazioni personali di ciascuno. Penso che i praticanti cerchino tutti un po’ la stessa cosa. L’Aikido è sempre e comunque un’arte marziale, ma le tecniche non servon solamente ad immobilizzare, sono soprattutto un modo eccellente per un’altra ricerca, per sviluppare altre cose come il benessere, le risoluzioni delle tensioni muscolari, nervose o psicologiche. Nella pratica dell’Aikido, la comunicazione e lo scambio con un partner dovrebbero agevolare la vita in comune. In funzione della qualità di questo scambio possiamo quasi capire se il partner ha passato una buona giornata oppure no.
I – Hai la sensazione di aver realizzato il tuo progetto nell’Aikido?
P – Quando ho iniziato a fare Aikido, dopo pochi mesi volevo già diventare un professionista ed ho liberamente messo da parte i miei studi. Il mio primo corso l’ho tenuto a 19 anni << a condizione che non prenda il sopravvento sui tuoi allenamenti>>, mi disse Christian Tissier. In realtà ho cominciato ad insegnare più tardi ovviamente, ma oggi credo che mi sia avvicinato di più a ciò che volevo fare nell’Aikido. Ora ci sono ancora tantissimi aspetti da sviluppare, da evidenziare. Per esempio, insegnando negli ospedali o nelle carceri, mi sono reso conto che ci sono intere aree in cui l’Aikido possa esprimersi pienamente. Non riuscirò mai ad essere del tutto soddisfatto, ma progredisco ogni giorno verso l’obbiettivo finale.
continua…